giovedì 7 ottobre 2010

Cap 2012: finale

Che viaggio, sembrano tre anni che sto perigrinando senza meta quando alla fine sono semplicemente cinque ore e mezza, un infinitesimo se lo si guarda in un rapporto di grandezza, ma forse le unità di misura spazio-temporali sono andate a farsi un sonnellino o sono solo rimaste abbracciate alle pagine di libri di matematica e fisica facendo un pò di ragnatela, perdendosi l'irrazionalità che può nascere dalla mente di chi ha ancora la voglia di prendersi un pò in giro e raccontarsi
Chissà se qualcuno si sarà chiesto poi alla fine se quel treno è arrivato, se si è fermato, oppure ancora una volta è tornato indietro.
bhe ogni tanto me lo chiedo anche io, e così continuo a vedermi ancora là tra gli appennini sul mio regionale che mi affaccio che rido e saluto, sempre con accanto le valige e nelle orecchie l'mp3.
Mi chiedo se a volte non sia paura di scendere, se tutto nasca dal mancato interesse di voler provare altre emozioni, se aver trovato un giusto equilibrio o se non altro il mio e non volerlo condividere sia solo una bonaria scusa per non essere responsabile altro che del mio nome, scritto su ogni centimetro di questa terra il cui ego risuona e scandisce ogni istante che passa
Probabilmente se non mi ponessi queste domande avrei già dato una svolta a questo viaggio, mi porto invece questi interrogativi ancora per pò giusto qualche chilomentro, diciamo per una quindicina, giusto dieci minuti, il tempo che impiega il treno per arrivare da Vaiano a Prato.
Certo che trovare ora le risposte sembra essere l'impresa del secolo,...mi dico...
ecco che riparte con la scusa, che noia!
ah!!! no!!! maledizione anche la voce fuori campo ora, e da dove spunta?
Scusi, presentiamoci, le sembra il modo? un pò di garbo suvvia! dove è finita la galanteria!
Non parlare di galanteria che son secoli che mi rifriggi le solite storie, non mi intorti!
Vieni al dunque Tresca dove scappi!
Questa mi sa che mi conosce, chissà da dove viene fuori, se magari riesco a temporeggiare un pò la liquido alla stazione di Prato, anche se dovesse scendere faccio una volata verso al macchina; lì mio fratello saprà come aiutarmi a liberarmene
Dicevamo, ehm, no,...è che ci dovrei pensare ancora qualche momento,
Lei invece, le pare il modo? non le sembra di essere un pò pressante, mi sento come dire...invaso, le pare normale?
Ma se tu per primo mi ha detto di entrare?
Ah, possibile che sia stato così ingenuo, possibile che mi sia distratto un attimo, o forse non è stata la mia debolezza ad aprire la porta, che sia stato il giustificato motivo?
Scusi, potrebbe valere quest'ultima come risposta?
Ahah vedo che sorride, le piace?, allora la accendiamo?
Ehi! dove sei finita! Neanche le ho chiesto il nome mannaggia, e ora come faccio a togliermi questo ennesimo interrogativo dalla testa.
Forse però ci sono, proprio mentre le porte del treno si aprono e trionfalmente mi lascio andare libero al mio destino.

martedì 4 maggio 2010

Parte ventiquattresima

E mentre il treno continua nel suo geniale percorso fuori da ogni schema, da ogni logica, sale dentro di me la voglia di rimanere abbracciato alle mie valige e al mio pc il più a lungo possibile, come se quel disperato bisogno di arrivare a casa fosse tramontato e si fosse dissolto tra le curve dell'appennino.
L' immobilismo, la nostalgia, l'apatia, sensazioni non troppo lontane, ma che ho abbandonato alle stazioni di Milano e Bologna a cui si è accompagnata quella sensazione di stanchezza legata a quelle corse infinite nella speranza di trovare il binario giusto e salire sul treno più ospitale possibile.
Questo è l'ultimo, non ce ne sono altri, questo va per una strada tutta sua, non vuole arrivare puntuale, questo vuole andare, questo treno è il mio, non ha nessuna pretesa, è accessibile a tutti e se per un attimo ti abbandona subito dopo riemerge senza mai lasciarti solo, regalandoti comunque un paesaggio su cui il tuo pensiero può distendersi, respirare e sorridere.
E' un regionale e funziona proprio come dico io.
Giusto qualche attimo dopo e il treno comincia a rallentare. Non potevo certo augurarmi che continuasse a viaggiar contro corrente fino a Bologna, ma non per questo mi lascio abbattere, me lo aspettavo. Non mi rimane che strizzargli l'occhio in un gesto di intesa come per dirgli:
Tranquillo, non mi hai deluso!
Anzi grazie! è stato stupendo, ora però andiamo avanti.
Quella che si potrebbe definire quasi come una simbiosi tra me il treno, continua; il regionale raccoglie subito il mio invito e dopo essersi fermato giusto qualche secondo nelle verdi terre toscoemiliane per un ultimo respiro riprende la marcia nella direzione disegnata dalle due strisce di ferro ancorate a terra.
Avanti tutta ora! accantono per un attimo il paesaggio, sono sicuro che lo rivedrò presto, mi sono lasciato piacevolmente incantare e distrarre dall'idea di vivere dentro uno scenario senza limiti e percepibile a pochi. Ora è il momento di raccogliere tutto quello che ho imparato, di usare questa nuova linfa per affrontare le prossime curve e l'ultima galleria che lega S. Benendetto a Vernio, dieci minuti di silezio alternati da regolarissimi flash che scandiscono al centimetro il tuo ire.
Forza allora! il treno prende velocità e sfreccia, mi rimetto seduto e riprendo in mano il PC sfogliando nella mia raccolta musicale al fine di trovar quei brani che alimentino l'incedere incalzante e tuonante del regionale. Ne scorro a centinaia, passo dall' hard rock, al metal, al grunge, percorrendo tutte le possibili date comprese tra gli anni '70 e oggi.
Vorrei sentirli tutti, Led Zeppelin, Audioslave, Rolling Stone, Gun's & Roses,.....
tutti perfetti, impossibile fare una scelta ragionata, il rischio è quello di rimanere lì a contemplare stiticamente centinaia di brani senza riuscire a dare inizio a nessun accordo, in antitesi con l'obiettivo da raggiungere. L'unico modo per distogliere lo sguardo dallo scorrere frenetico delle icone audio dei file mp3 è lasciare che il caso decida, giusto per una volta, chissà magari è quella giusta, probabilmente si se hai lavorato bene lungo il perimetro.
Lancio il comando "Random" e irrompono gli ACDC.
It's along way to the top (if you wanna rock'n roll), poteva andare meglio?! no

venerdì 5 marzo 2010

Parte ventitreesima

Eh si caspita, stiamo andando indietro,
si ma col treno, non parlo dell'impianto politico-sociale ed economico in cui da anni stiamo naufragando, quello ormai è assodato, non deve inventarsi o dar prova di convincimento, anzi se possibile gradirei una tregua di almeno 1 settimana.
PErdo un pò la calma,sgrano gli occhi, muovo freneticamente la testa a destra e sinistra, non mi sto facendo un trip esistenziale, non ho in mano nessuna droga pesante. Nelle ultime ore ho solo girato tre stazioni, qualche decina di vagoni e indefiniti binari, niente di illegale insomma, almeno credo.
Non è possibile! questa giornata sfida davvero qualsiasi forza gravitazionale, "la cura" di Battiato a confronto rimane una semplice poesia astratta; quella che oggi vi mostro è realtà pazza, geniale, non lo so, di sicuro non va fuggita, ma abbracciata.
Ritrovo la calma, a centinaia le ipotesi su cui argomentare e, lasciando ad altri, parlo dei viaggiatori sempre più indispettiti e preoccupati, conclusioni tecniche circa possibili scambi tra treni o problemi tecnici all'impianto elettrico, mi diverte pensare che il macchinista, di fronte l'ennesimo rettilineo, decida di rallentare per poi fermarsi e dire BAsta! Basta lasciarsi trasportare, Basta seguire, BAsta con traiettorie già scritte.
Chi è che dirige qui!! Sono io maledizione, giudo io la carcassa, ed adesso si cambia marcia, una bella retro e via!
per dove...ehm...non lo so, ma di sicuro non dove mi han detto che devo arrivare,anche se questa fosse solo una banale ripicca. Domani fanno quaranta anni di ottemperato e onorato servizio, mai uno sgarro, sempre disponibile, mai una polemica,va bene qualche ritardo, ma non è colpa mia se abbiamo ferrovie dell'ante guerra. Oggi per l'unica e forse ultima volta decido io il percorso, se continuare su queste rotaie, se ed in quale stazione approdare...e già, potrei anche continuare a viaggiare all'infinito.
A questo punto mi verrebbe voglia di fare una corsa fino alla locomotiva e abbracciarlo chiudere la porta a chiave, afferrare un mappamondo e farlo girare, poi, chiudere gli occhi e con il dito dare al destino il nome di una città, offrire al mio futuro un luogo in cui cominciare.
E intanto il mappamondo gira, gira, non rallenata, così come anche il treno, il viaggio comincia finalmente ad avere un senso, quel giustificato motivo la cui ricerca mi accompagna ormai da tantissime ore pian piano prende forma, la possibilità che tutto no sia già scritto, preconfezionato, che ci sia qualcosa di pazzo e geniale in ogni cosa, in ogni sguardo in ogni colore, che esita la possibilità di scegliere e non di essere scelti.
Poso il pc, mi alzo, guardo intorno a me e rido, si mi sganascio davanti ai volti incupiti e vuoti, ricchi solo di domande inutili alla ricerca di risposte normali..
Che mi credano pazzo che mi diano dell'ubriacone drogato, intanto io e il mio treno ce la spassiamo un pò. Abbiamo deciso di dar vita ad una parentesi alternativa a questo finale di giornata, e siamo pronti ad accogliare ogni volontario a cui vada di avere, anche se per un attimo, l'idea di scegliere il proprio destino, liberandosi dello spettro della normalità per rifugiarsi nel fantastico mondo del... "ma perchè no"!

sabato 5 dicembre 2009

Parte ventiduesima

La magia del silenzio scandita dalle note di Leonard Cohen vengono ben presto interrotte dai borbottii rauchi dei viaggiatori.
Cosa avranno da lamentarsi! alla fine se avessero vissuto le stesse peripezie che ho affrontato in queste ultime cinque ore, credo avrebbero comiciato a manifestare segni certi di squilibrio e delirio. La fortuna è quindi di non assistere a scene patetiche da viaggi della speranza con bimbi in preda ad isterie devastanti, madri alla ricerca del pannolino salva gonna e padri furiosi spazientiti che cominciano a fumare una sigaretta dietro l'altra guardandoti in cagnesco cercando il tuo sguardo per avere il pretesto di accusarti di non farti abbastanza i cazzi tuoi.
Così fingo indifferenza e stupore e continuo ad ascoltare musica tra una partita a solitario e una free cell sul pc, schivando sguardi e confidando di sfuggire a quella domanda esistenziale che come temuto quella signora sulla quarantina con gli occhiali e con la bambina frignante avvinghiata al suo collo mi pone attendendosi una spiegazione scientificamente ineccepibile.
Scusi, ma che succede? Perchè siamo fermi?
Beh signora, il problema è che siamo ormai fermi da decenni e lei non se ne è ancora accorta. Non vorrei scoraggiarla ma drovremmo essere forse noi a cominciare a muoverci, a far sentire al mondo che esistiamo e non per mangiare cagare e andare a dormire. Si affacci, le sembra che siamo fermi? a me sembra che il mondo respiri ancora, si tocchi il polso e cominci a contare il tempo che sta perdendo in questo momento ponendomi questa domanda idiota!
Questo è quello che le avrei voluto rispondere.
Ovviamente è più opportuno tentare di rassicurare le sue speranze offrendole una finta parola amica e di conforto giusto per non averla tra i piedi per più di dieci secondi, liquidare la pratica con un "è tutto sotto controllo, mi è capitato proprio ieri la stessa cosa e nel men che non si dica siamo ripartiti più veloci di prima". Ah che bello! La fai contenta, la bimba smette tempestare l'aria con le sue urla indemoniate, gli uomini spengono le sigarette e siamo tutti più contenti di vivere in un mondo prendendoci per il culo dalla mattina alla sera, raccontandoci che va tutto bene che tutto si risolve da solo perchè questa è la legge del mercato, dell'economia, è la teoria della mano invisibile, talmente invisibile che riesci a sentirla solo quando un bel giorno senti pruderti il sedere.
Neanche questa è una risposta che riesco a dare. Se da una parte non sono un movimentatore di masse popolari capace di far affiorare una coscienza sociale e politica, dall'altra far finta di nulla mi rattrista, vedere pian piano il cittadino rincoglionirsi dietro una comunicazione contaminata e indirizzata verso l'atrofismo intellettuale e mortificante.
AL momento l'unica cosa che posso fare e rivolgere verso me stesso tutta l'attezione possibile cercando di condividere con mi sta accanto l'esigenza di crearsi una dimensione parallela, fatta di persone, di idee, di confronti, di vita.
SIgnora, onestamente, sono dalle undici in viaggio, posso solo dirle che stiamo viaggiando al contrario!

martedì 22 settembre 2009

Parte ventunesima

Immobile, impietrito, non una lacrima, non un goccia di sudore sfiorano il mio volto, forse per il fatto che non mi accompagna un totale senso di stupore, come se in un certo senso rifiutassi solo l'idea che sarebbe potuto succedere di nuovo. Probabilmente con tutto questo ripartire e rifermarsi la forma mentis di statistico ha fatto si che annoverassi un'altra sosta tra le variabili residue, che va da se a mescolarsi con una naturale propensione a tenere tutto sotto controllo.
L'idea di rimanere spiazzato mi ha sempre affascinato ma nello stesso tempo spaventato. Parte da qui l'esigenza di non dare mai niente per sicuro, di non lasciarsi mai andare ad una scelta che sappia di volo pindalico, ma di mettere sotto esame persone, sentimenti e situazioni, di cercare strenuamente una chiave di lettura che mi permetta di assumere una posizione il più equilibrata possibile, che mi aiuti ad entrare sempre in sintonia con l'esterno, che mi renda visibile ed allo stesso tempo inosservabile.
Lo scettico blu, così mi chiama mia madre, e direi che non esista un immagine e assonanza di parole migliore per descrivermi. Se potessi raffigurarla sarebbe una di quelle figure impossibili di Escher dove gli elementi si accavallano in modo tale che l'occhio non riesca a distinguere l' elemento primo, quello dominmante che detta le regole del gioco.
Scelgo, (o forse non scelgo) di lasciarmi travolgere da questa nuova fermata; mi rimane solo un pò di amaro in bocca per dover ancora di più tardare il mio rientro a Prato.
Concerntro le mie energie, quell rimaste, sul mio mp3, sembra davvero avermi abbandonato, alla fine è arrivato il suo tempo, si vede che non era fatto per rimanere con me in questo viaggio. Un pò tutto ciò mi rattrista, non posso che ringraziarlo per avermi concesso dei momenti di grande introspezione musicale, affacciato davanti al finestrino del treno o lungo le rotaie di un binario. Peccato!
Fortuna che c'è il Pc!
Bhe meno agevole, ma non per questo meno presente nel viaggio, e di sicuro con una storia da raccontare più antica rispetto a quella dell' mp3.
Inizia tutto quando mi sono trasferito nei pressi delle Colonne di San Lorenzo, anche il quel caso il nostro incontro è nato in virtù di un abbandono, quella volta si trattava di un portatile e più che di un abbandono è stato un vero e proprio sequestro, dato che dei ladruncoli, entrando in casa mia una sera d'estate, han deciso bene di portarselo via insieme al mo costume preferito.
Non perdo tempo, lo accendo, giusto qualche minuto e sul desktop appare l'immagine di un vagone vuoto del treno, un'immagine direi più che familiare.
Mi sento già meglio!
In alto la cartella musica.
Ci vuole una canzone che dia un degno funerale all'mp3 e che dia nuova linfa al susseguirsi di una nuova e casuale compilation musicale. L'occhio cade subito su Halleluja di Leonard Cohen. Non esisite credo brano migliore per questo momento, dolce, intenso, sui suoi accordi sembrano cullarsi i ricordi di un viaggio, di un passato così vicino. Un brano che fa il vuoto intorno a se che non ammette intrusioni, dove l'accordo lascia presto spazio al vibrato gentile di una chitarra elettrica che lentamente si trasforma in un violoncello che detta l'ultima nota e che interminabile si lascia sfumare delicatamente nel silenzio chiudendo il sipario.

domenica 19 luglio 2009

Parte ventesima

Eccola la vedo sporgendomi all'infinito dal finestrino, la Toscana.
Manca poco, giusto un paio di curve qualche rettilineo e quella galleria infinita che segna brutalmente il confine tra le due regioni.
Beh, lo ammetto, è un'immagine abbastanza spietata, direi quindi non pensare alla follia umana quella che impone la sua esigenza di praticità e funzionalità sopra un panorama così dolce e disteso, meglio soffermarsi su ciò che non è stato ancora deturpato e annerito. L'attenzione, trasportata da questa fresca brezza che filtra dal finestrino del regionale, non abbandona quello che va sempre più delineandosi come un lento e armonico intreccio di terre. Emilia e Toscana sembrano sempre più dialogare trovando l'una dall'altra quel giustificato motivo per cui far nascere il proprio frutto, la propria esperienza su una sponda diversa.
Sono allo stesso tempo affascinato e disarmato da questa prova di infinito che la natura mi spara davanti agli occhi. Incredibile come parta da lontano il temerario e timido tentativo della natura di dare una forma comune al paesaggio.
Inizia con impercettibili sfumature, brevi impronte, che silenziosamente vanno dialogando in una trama sempre più indistinguibile per dar vita poi a una continuità che dura una attimo per poi lasciare che le strade trovino una propria espressione, il proprio nome, chissà forse il loro giustificato motivo.
Ogni tanto la stanchezza mi ricorda aimè che son sul treno, le gambe alla fine chiedono un pò di comprensione e mi sembra giusto concedere loro una decina di minuti di riposo, mi rimetto così seduto. La gente intorno mi sembra abbastanza pacifica, vive questa ora di viaggio con compostezza, ad ogni sosta non avvengono particolari scossoni anche perchè a fermate come Monzuno chi volete che scenda?
Direi che è il momento giusto di infilarsi nuovamente le cuffie nelle orecchie e far trascorrere i restanti quaranta minuti con un pò di brani che celebrino il rientro a Prato in gran trionfo. Mi accompagna De Gregori con Generale, uno dei pochi brani italiani nella mia limitata play-list, in cui a farla da padrone e la musicalità della voce inglese. Il tutto per una pura scelta del sottoscritto in versione disk-jockey che sacrifica spesso e volentieri la poesia di un testo, lasciando così che l'anima sia squarciata in due dalla vibrazione di una nota e non dalla portata del contenuto delle parole. Generale riesce a superare l'ostacolo del testo, le parole hanno una musicalità devastante con tonalità dolci e amare che si intrecciano tanto da non poter essere che raccolte.
Lentamente va a sfumare, ma non è solo il brano, e anche il mio MP3, maledizione!
E' un attimo perde di intensita, singhiozza, rallenta, si ferma il treno, no!
l'MP3, no!
o meglio sì!
ma cosa succede al treno!
non capisco!
siamo fermi!

venerdì 22 maggio 2009

Parte diciannovesima

Questo è l'ultimo!
Sospiro dentro di me mentre mi imbarco sul regionale trascinato dalla musica e dalle valige.
Ottanta chilometri ed è fatta! Ancora un'oretta abbondante e questo calvario è finito.
Ad un tratto ho una sensazione stranissima seguita da un brivido. Sento quello suono stridulo della sirena che preannuncia il chiudersi delle porte della metro milanese.
Ho un sussulto Mi guardo intorno stranito e spaventato, è come se per una frazione incalcolabile di tempo non riuscissi a sentirmi in un luogo definito.
Sono sul treno per Prato o a Cairoli?
Possibile che quella canna di ieri sera abbia avuto il così detto effetto a scoppio ritardato?
Per qualche istante penso di poter dire di aver vissuto parallelamente in due luoghi diversi che han deciso di incontrarsi nella mia testa e che, se da un lato han reso reso ancor più evidente uno status di smarrimento prodotto da ore e chilometri di viaggio, dall'altro han voluto forse sottolineare quanto della mia vita passo ogni giorno aspettando l'invito a salire o a scendere senza averne il più delle volte un giustificato motivo per farlo, ma confidando semplicemente di trovarlo salendo sul prossimo vagone.
La verità forse è che son semplicemente stanco, e mi pare di potre dire di aver trovato nelle pieghe delle valige la conferma di tutto ciò nonchè nei primi borbottii del mio MP3 la cui batteria sembra cominciare a dare segni di resa.
Come se non bastasse il treno è carico di persone, si vede che l'effetto dei continui ritardi dei vari IC, regionali ed Eurostar di mezza Italia si riperqute esponenzialmente su quelli che han la temeraria audacia di partire in orario. Di cambiar treno e sperare di trovare una soluzione più comoda non se ne parla, la fortuna direi che non mi ha neanche sorriso per sbaglio. Comincio così a buttare l'occhio nel corridoio per cercare di intravedere uno di quegli sgabellini estraibili che ad ogni viaggio sono sottoposti a continue sollecitazioni ma sui quali personalmente ripongo grossa fiducia e stima. Nei inquadro subito uno nel bel mezzo del treno e con una inaspettata scaltrezza, dettata più che altro dal fortissimo desiderio di poggiare le chiappe su una superficie il più possibile stabile, mi lancio su di esso e lo conquisto.
Ci siamo, poso le valige introno a me e affacciandomi al finestrone del treno ammiro il lento incalzare dell'appennino tosco-emiliano con le sue infinite sfumature di verde. Anche se solo un regionale il treno sembra sfreggiare fiero e sicuro per la sua strada, le soste che incontra rappresentano solo un semplice passaggio di routine, una formalità. L'appennino è avvolgente, treno e rotaie si dissolvono fagocitati dai suoi dolci rilievi per poi riapparire per pochi istanti e di nuovo sparire. Questa sensazione di esserci per poi perdersi la sento incredibilmente mia, propria di un'animo che allo stesso tempo è ansioso di fondersi con la vita mentre dall'altro rivendica la propria immiscibilità, la sua natura innafferabile, come una particella di mercurio a contatto con l'aria.
Purple Rain accompagna questo momento di estasi e completa distensione di pensieri e immagini, un brano che forse in alcune occasioni andrebbe ascoltato chiudendo gli occhi ma che in questo momento non posso far altro che vivere con le palpebre spalancate lasciando che tanta bellezza e tanta armonia possa accompagnarmi il più a lungo possibile.
Le fatiche del viaggio si disperdono così, insieme a mille pensieri, ricordi, parole, sguardi, nel gesto della mia mano che si strofina sulla testa.