Questo è l'ultimo!
Sospiro dentro di me mentre mi imbarco sul regionale trascinato dalla musica e dalle valige.
Ottanta chilometri ed è fatta! Ancora un'oretta abbondante e questo calvario è finito.
Ad un tratto ho una sensazione stranissima seguita da un brivido. Sento quello suono stridulo della sirena che preannuncia il chiudersi delle porte della metro milanese.
Ho un sussulto Mi guardo intorno stranito e spaventato, è come se per una frazione incalcolabile di tempo non riuscissi a sentirmi in un luogo definito.
Sono sul treno per Prato o a Cairoli?
Possibile che quella canna di ieri sera abbia avuto il così detto effetto a scoppio ritardato?
Per qualche istante penso di poter dire di aver vissuto parallelamente in due luoghi diversi che han deciso di incontrarsi nella mia testa e che, se da un lato han reso reso ancor più evidente uno status di smarrimento prodotto da ore e chilometri di viaggio, dall'altro han voluto forse sottolineare quanto della mia vita passo ogni giorno aspettando l'invito a salire o a scendere senza averne il più delle volte un giustificato motivo per farlo, ma confidando semplicemente di trovarlo salendo sul prossimo vagone.
La verità forse è che son semplicemente stanco, e mi pare di potre dire di aver trovato nelle pieghe delle valige la conferma di tutto ciò nonchè nei primi borbottii del mio MP3 la cui batteria sembra cominciare a dare segni di resa.
Come se non bastasse il treno è carico di persone, si vede che l'effetto dei continui ritardi dei vari IC, regionali ed Eurostar di mezza Italia si riperqute esponenzialmente su quelli che han la temeraria audacia di partire in orario. Di cambiar treno e sperare di trovare una soluzione più comoda non se ne parla, la fortuna direi che non mi ha neanche sorriso per sbaglio. Comincio così a buttare l'occhio nel corridoio per cercare di intravedere uno di quegli sgabellini estraibili che ad ogni viaggio sono sottoposti a continue sollecitazioni ma sui quali personalmente ripongo grossa fiducia e stima. Nei inquadro subito uno nel bel mezzo del treno e con una inaspettata scaltrezza, dettata più che altro dal fortissimo desiderio di poggiare le chiappe su una superficie il più possibile stabile, mi lancio su di esso e lo conquisto.
Ci siamo, poso le valige introno a me e affacciandomi al finestrone del treno ammiro il lento incalzare dell'appennino tosco-emiliano con le sue infinite sfumature di verde. Anche se solo un regionale il treno sembra sfreggiare fiero e sicuro per la sua strada, le soste che incontra rappresentano solo un semplice passaggio di routine, una formalità. L'appennino è avvolgente, treno e rotaie si dissolvono fagocitati dai suoi dolci rilievi per poi riapparire per pochi istanti e di nuovo sparire. Questa sensazione di esserci per poi perdersi la sento incredibilmente mia, propria di un'animo che allo stesso tempo è ansioso di fondersi con la vita mentre dall'altro rivendica la propria immiscibilità, la sua natura innafferabile, come una particella di mercurio a contatto con l'aria.
Purple Rain accompagna questo momento di estasi e completa distensione di pensieri e immagini, un brano che forse in alcune occasioni andrebbe ascoltato chiudendo gli occhi ma che in questo momento non posso far altro che vivere con le palpebre spalancate lasciando che tanta bellezza e tanta armonia possa accompagnarmi il più a lungo possibile.
Le fatiche del viaggio si disperdono così, insieme a mille pensieri, ricordi, parole, sguardi, nel gesto della mia mano che si strofina sulla testa.
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