Ansimo, fremo, cerco di prendere fiato, sono provato, porto ancora i segni della fuga, l'attesa stenuante di un inizio, il silenzio delle rotaie, il frastuono del mondo, il timore di aver abbandonato l'idea che potesse funzionare che potesse aprire le sue porte, l'illusione che mi facesse salire, che mi desse un'opportunità, una anche minima speranza di mostrare il mio volto. Che dire, è andata così, o meglio, non è proprio andata, ed ora che sono su questo IC Plus tutto da scoprire non sono più avvolto da quella frenesia e ansia di volermene appropriare, mi sento svotato, privo di interesse, di attenzione, non ho la forza di renderlo anche solo un amico o un compagnio di viaggio con cui condividere qualcosa. Troppo prezioso è quello che ho lasciato sul binario 16, cosa vuoi che possa fare il binario 8, anche i numeri parlano. Beh non posso neanche rimanere qui fermo impalato tra un vagone e l'altro, un'altra volta c'è da fare una scelta: destra o sinistra? Beh non sto certo a farmi troppe menate, quelle vengono se si è nello stato d'animo giusto, quindi seguo le indicazioni di una maglietta vista un giorno in una delle tante vetrine poco valorizzate in uno degli infiniti viali del consumismo milanese che diceva pressappoco così: anche il cuore batte a sinistra. Detto fatto entro nello scompartimento. E' ancora vuoto, la fiumana di gente che transita dal sedici all'otto ancora non è arrivata, chissà cosa staranno domandandosi, ed il tempo stringe, speriamo rimangano a terra, avrò più spazio per far riposare il mio sedere, le mie valige e il mio cervello. Davanti a me si presentano infinte soluzioni alcune delle quali vengono subito cassate: certo non ho intenzione di fermarmi dove già sono svaccate altre persone, in fondo sono timido e nei rapporti interpersonali vado forte solo dopo che altri abbiano manifestato un qualche interesse per me. Qunidi la scelta è tra un postazione per quattro una per due ed un posto singolo. Beh dopo tutto quello che ho vissuto fino ad ora ovviamente mi fermo sulla postazione single alla ribalta. E' quasi possibile leggere l'insegna luminosa che si accende sopra lo schienale e che dice, pregasi tenersi alla larga, oppure: io non posso entrare. Finalmente qualcosa di mio, che non può essermi portato via, su cui posso fare un minimo di affidamento, che posso tenere sotto controllo, di cui posso fidarmi che non possa accorgersi nient'altro che di me. Poso vicino a me le valige, riagguanto l'mp3, ancora uno sguardo fuori, al sedici tutto è ancora fermo, incollo la fronte al vetro per vedere se ancora ci fosse un giustificato motivo per mollare tutto, raccogliere i cocci e tornare indietro, lo cerco, lo chiamo, ma a rispondere è un fischio assordante che decapita il tempo.
Nell'immagine: anche Mastella si è appassionato alla vicenda.
lunedì 28 gennaio 2008
lunedì 7 gennaio 2008
Parte sesta
D'un tratto sul binario la gente inferve al solo pronunciare della parola No Global, ecco che iniziano gli schiamazzi, i commenti, le ingiurie, gli sguardi infelici, che ricoprono di fango quello che invece timidamente voleva essere un momento delicato, sincero, in cui forse per la prima volta ero riuscito ad indossare pensieri ed emozioni non infeltriti. Così un'altra volta il capo si lascia cadere lentmente verso il basso come se il vuoto creatosi nel mio cuore pesasse come un'incudine sulla mia mente. Inutile star lì a cercare parole nuove a inventarsi soluzioni agrodolci, devo rassegnarmi, cercare un altro attimo, un'altra rosa da cogliere, ma sopratutto un altro cavolo di treno!
Bene, dove vado? Direi che sono alquanto disorientato, in primis da me stesso e dal mio continuo peregrinare nelle deserte ragnatele dell'anima, poi da sti diavolo di ipocriti borghesotti milanesi, per non parlare poi della falsa ala dei "senza se e senza ma", la scrematura del mazzo italiano, un mazzo direi bello che appassito. La soluzione però è a portata di mano: cuffie, mp3 e via con la musica, con quel suono un pò country dipinto dall'immortale Bruce Springsteen, che ti trascina via con delicata scioltezza zigzagando tra i nervosi soprabiti che ormai da ore albergano lungo il binario 21. Butto un occhio al tabellone per cercare soluzioni concrete per quello che invece di un semplice viaggio sta diventando un'impresa,
Eccola là la risposta, si chiama Ancona, IC in partenza tra 5 minuti dal binario 8. Nelle ferrmate intermedie risplende il nome di Bologna, è lì che mi fermerò, sperando di trovare una qalche coincidenza. Riprendo morale, in pochi secondi raggiungo il treno, stavolta sembra essere tutto tranquillo, salgo!
Nell'immagine: Lenin primo vero no-global. Da Kelebek
Bene, dove vado? Direi che sono alquanto disorientato, in primis da me stesso e dal mio continuo peregrinare nelle deserte ragnatele dell'anima, poi da sti diavolo di ipocriti borghesotti milanesi, per non parlare poi della falsa ala dei "senza se e senza ma", la scrematura del mazzo italiano, un mazzo direi bello che appassito. La soluzione però è a portata di mano: cuffie, mp3 e via con la musica, con quel suono un pò country dipinto dall'immortale Bruce Springsteen, che ti trascina via con delicata scioltezza zigzagando tra i nervosi soprabiti che ormai da ore albergano lungo il binario 21. Butto un occhio al tabellone per cercare soluzioni concrete per quello che invece di un semplice viaggio sta diventando un'impresa,
Eccola là la risposta, si chiama Ancona, IC in partenza tra 5 minuti dal binario 8. Nelle ferrmate intermedie risplende il nome di Bologna, è lì che mi fermerò, sperando di trovare una qalche coincidenza. Riprendo morale, in pochi secondi raggiungo il treno, stavolta sembra essere tutto tranquillo, salgo!
Nell'immagine: Lenin primo vero no-global. Da Kelebek
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